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mercoledì 1 settembre 2010

....are exhausted!

 Avrei da lavorare. Ma proprio in questo periodo non riesco a fare niente.
Non mi sopporto. Dieci minuti con me stesso sono sufficienti a mettermi l’uggia.
E’ sempre la solita questione della pancia e della testa.
La prima è “abitare”,  e viene privilegiata a discapito dell’altra che andrebbe portata avanti perchè è il bisogno, il privilegio di ferire, l’ intrecciarsi di radici, uncini, che non ha niente a che fare con il viver sereni.
E per una volta io non sono nel mezzo, anche perchè lì in mezzo non c’è posto.
Mettere tutto nella costruzione di una cosa, curarla cercando di farla crescere, capire che è stata  portata a termine per poi vederla cadere su se stessa  fragile come un castello di sabbia in riva al mare, mi esaurisce. Mi ferisce.
Innamorarsi di una persona è una idea, quasi una intuizione, la vera dimostrazione che esistiamo per qualcosa. Butti giù lo schizzo, e inizi a costruire. La costruzione di un amore mescola il sangue con il sudore se te ne rimane.  Ci vuole tempo, fatica.
Il problema è che quando un amore hai finito di costruirlo devi decidere se abitarlo, e quella è un’altra faccenda. C’è gente che si diverte a costruire solo per poi buttare giù tutto e ricominciare da capo.
Forse sono così anche io, ed è stato un privilegio, ma se non sei tu a buttare giù tutto?
Le ferite che nascono ti esauriscono.
Sembra un gioco crudele, incosciente.
Tra due persone potersi ferire è un privilegio. Se mi ferisci vuol dire che ti importa. Ogni ferita ci mostra la differenza inseparabile di due persone. E’ un peso difficile da sostenere, mentirsi è molto più facile.
 
 
E tutto ció mi meraviglia
tanto che se finisse adesso
lo so io chiederei
che mi crollasse addosso


 

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